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ALFREDO ENTITA' sul BAROCCO A TORINO

 

 

 

 

 

 

     È tutto il Piemonte intessuto e trapunto di una fitta trama di Barocco. Non che non affiorino ovunque passate civiltà risplendenti di testimonianza fastose; ché anzi, proprio nei castelli di cui è tanto ricco il Piemonte, c’è tanto passato medioevale e rinascimentale anche. Ma che il Barocco sia prevalente in ogni suo centro grande e piccolo che a Torino in particolare se ne adorni di tutto un fitto e trapunto manto dai vistosi e aurati ricami è cosa che nessuno potrà mettere menomamente in dubbio. E del resto, quello della vita e dell’arte barocca, è un periodo che coincide, staremmo per dire, a bella posta, con quello del casato dei Savoia e con la conseguente aspirazione di questo nascente contado a fare dell’Italia uno stato unico e forte, grande e rispettato, che era stato da Roma in poi nelle aspirazioni di tutti i Grandi e che echeggiava potente ancora nel disperato grido di dolore e di ribellione di Dante. Al Piemonte, forte e saldo come le incrollabili cime del gemmato diadema di Alpi che lo incorona, a Torino prima e fastosa capitale del primo vero regno italico unito, va questo merito quanto mai ambito.

     Stagione felice dunque quella, di uomini e di idee, di aspirazioni tenaci e di realizzazioni di millenni di sogni di scrittori e poeti e di tutti nei quali da sempre ribollivano veri sentimenti di linfa romana « innaffiati » abbondantemente e magnificamente di umori culturali proprio barocchi, temprati ad una avventurosa vita di rivendicazioni e di riscatti, così come una più libera vita imponeva anche, con slanci di generosa donazione di tutti se stessi, gli uomini, la cui sostanza si chiama Piemonte, Torino e Italia, i cui risultati sono destinati a durare nel tempo per una più grande Italia proprio di nascita piemontese. E ci sia, pur tra l’arte, consentito di inchinarci e raccoglierci un istante in riverente silenzio ai piedi dei monumenti di quei tre grandissimi che ai Savoia-Carignano si strinsero attorno con eroica purezza, giurando di fare questa solo ora tanto bella e grande Italia, non sappiamo se da tutti gli italiani di oggi degnamente meritata. È del genio politico del Cavour, autentico piemontese, del grandissimo apostolo Mazzini e del più puro eroe, Garibaldi, che parliamo e innanzi ai quali, pensosi delle sorti d’Italia, sostiamo in muto e raccolto commosso raccoglimento. E di quale barocco si sarebbe mai potuto parlare senza l’olocausto di questi tre grandissimi apostoli e numi titolari di Italia?

 

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